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Recensioni

2010 Mostra personale “Un impercettibile sussurro nel frastuono” Parco storico archeologico di San Pietro in Carpignano (Valleggia di Quiliano)

Recensione di Franca Maria Ferraris

Un tardo pomeriggio d’estate in cui l’afa si va stemperando e un verde poggio a cui si accede per un viale ombreggiato da alcuni cipressi secolari. Sull’apice del poggio, l’antica chiesa di San Pietro in Carpignano e, accanto, la “Casa Gialla” che ospita nelle sue ariose sale la Mostra Espositiva della pittrice Cristina Sosio, il cui titolo suona poeticamente: “UN IMPERCETTIBILE SUSSURRO NEL FRASTUONO”.
Circondati da una simile atmosfera di per sé ispiratrice, i visitatori, giunti alle soglie della Mostra, vengono a trovarsi in sintonia con quanto di artisticamente bello si offre alla loro vista. Campeggia, infatti, in questa prima sala, un olio su tela e su scudo convesso, sopra il quale, nelle dimensioni dell’originale, è riprodotta la famosa testa di Medusa, opera di un genio assoluto di tutti i tempi: Michelangelo Merisi detto Caravaggio.
Molto più di una mera riproduzione, la testa mozzata di Medusa, il volto aureolato da un groviglio di serpi, lo sguardo inorridito, fisso sul punto estremo della morte, l’opera è un omaggio speciale tributato a Caravaggio per i quattrocento anni dalla sua scomparsa. Speciale - ho detto - per la perfezione e la fedeltà con le quali l’opera è stata riprodotta da Cristina Sosio, tanto da parer quasi che il grande Artista si sia preso il gusto di guidarle la mano nel gesto pittorico, per far intendere a chi guarda tutta la bravura di questa nostra giovane Pittrice.
Poiché non basta, per riprodurre l’opera di un Grande, far proprio l’uso di una eguale raffinatissima tecnica, ma occorre soprattutto possedere quella particolare sensibilità capace di ri-creare l’intensità espressiva del soggetto, penetrandone, oltre lo spirito, ogni fibra carnale, dalle vene superficiali ai tensori muscolari fino alle più sottili pieghe della pelle. Cristina Sosio possiede entrambe queste precipue peculiarità artistiche. Anche di altri grandi Pittori rinascimentali, la Pittrice ha eseguito “autentiche riproduzioni”: segno di rispetto, di attenzione e di amore per il patrimonio artistico comune e, insieme, ferma volontà di preservare da una qualsiasi pur remota dispersione opere che dell’arte sono l’essenza sublime.
Dopo questa visione piena di pathos, il percorso pittorico si snoda per altre tre sale contigue, dove le opere create dalla Sosio vi appaiono accompagnate da versi, da intere poesie o da brani scelti tra autori celebri o meno. Versi e brani sono le fonti di ispirazione cui l’Autrice ha attinto. Si resta in ammirazione di fronte alle immagini delle dantesche Pia de’ Tolomei, Piccarda e Francesca, così come di fronte alla verghiana Mena della “Casa del Nespolo”, alla sensuale Ermione persa tra “La pioggia nel pineto”, alla gozzaniana Signorina Felicita, alla Silvia di Leopardi dagli “occhi ridenti e fuggitivi”, alla intrigante Liuba montaliana. Sebbene queste donne, immortalate dai Poeti che le cantarono, si fossero immaginate diverse, ora, vedendole rimbalzare dalle tavole in una nuova forma segnica, l’emozione della loro conoscenza si amplifica.
Si affaccia tra loro, come a proteggerle e a placarne gli spiriti spesso esulcerati dalle passioni terrene, il mistico volto di Santa Chiara: una riproduzione preziosa, fedele all’originale di Simone Martini, eseguita da Cristina con le stesse tecniche che usò per dipingerla il Pittore senese.
E’ da un tale proscenio che le “donne dei Poeti” richiamate da altri secoli, ma con fisionomie attuali, sembrano sussurrare i versi o i brani ai quali la Pittrice si ispirò per dar loro un’immagine, ribadendo così quale sorta di connubio esista tra la parola poetica e il gesto pittorico. Definito nello scorso Novecento come “Poesia Visiva”, questo connubio Cristina Sosio lo ha interpretato alla sua maniera, eliminando ogni confine tra le due arti e dando vita a una linea stilistica cui ritengo si addica il conio di una nuova formula: “Pittura recitativa”. Il gesto della Sosio, infatti, pur muovendosi nella dimensione classica alla quale deve la propria formazione pittorica e letteraria, ri-crea un suo particolare classicismo, affinato sì dallo studio dei grandi geni del passato, ma filtrato dal proprio giovane sguardo e da una sensibilità specchiata nel presente.
Nella sala attigua, sono i paesaggi più disparati a farsi incontro, anche questi ispirati da descrizioni letterarie. Qui l’arte di Cristina dipana una continua tessitura dove all’ordito della poesia si intreccia quello della pittura e dove le tecniche per realizzare le immagini si alternano. Ora sono oli su tela o su legno e carta a mano, ora sono incisioni come acquetinte e acqueforti o eseguite con tecniche miste, per esaltarne la suggestione degli esiti.
Ad un brano tratto da “Il segreto del bosco vecchio” di Dino Buzzati, si ispira un’acquatinta raffigurante un bosco con gli ombrosi anfratti della sua anima segreta, dove gli alberi hanno un volto. Da una poesia, invece, prende forma (olio su tavola e carta a mano) un bosco incantato dove una volpe fulva, uscita dalla tana, siede sulla neve, lo sguardo sospeso tra luci ravvivate da candidi bagliori e ombre incupite dal grigiore del cielo. Da questa sorta di selvoso incantesimo si passa all’effetto spettacolare prodotto dall’arsa visione de “Il deserto dei Tartari”. Ma ecco che, con un magico stacco, ci si ritrova di fronte a un romantico canale veneziano ripreso in una preziosa incisione.
Cristina Sosio padroneggia e piega sapientemente alla propria arte le varie tecniche pittoriche. Se la sua morbida pennellata, intinta nel magma degli oli e spalmata sulle tele con levigatezza, emoziona ed affascina, altrettanto affascinanti sono le sue incisioni nelle quali eccelle per la capacità di mettere in luce particolari i più minuziosi, quali solo l’arte dell’incidere riesce a creare o a riprendere perfettamente dalla realtà.
Ecco la quarta ed ultima sala. Qui altre incisioni mostrano vari luoghi, presenti nelle valli del Quilianese non lontane dal mare e ricche, al contempo, di rigogliose zone boschive e campestri. Immerse in tale natura, restaurate o no, vi sono raffigurate antiche costruzioni, una scoperta per chi ancora non le conoscesse: il Convento dei Cappuccini, la Chiesa di San Pietro in Carpignano, il Medioevale Castello del Pomo, il Ponte Romano, la romantica scalinata che conduce alla ottocentesca Villa Maria, per citarne alcune.
Il percorso finisce, lasciando negli occhi le immagini di una bellezza che entra nel profondo. Ecco un antidoto alle brutture del mondo, viene da pensare, poiché si avverte quel senso interiore di completezza e di benessere che l’arte sa donare a piene mani, specie quando pittura e poesia si compenetrano.
Cristina Sosio ha realizzato con successo questa compenetrazione, offrendoci una sequenza di opere create col gesto della sua mano capace di rappresentare esemplarmente ciò che lo sguardo sa cogliere con attenzione, che il cuore sa dettarle con passione, che la mente sa far rifulgere in piena luminosità.

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